CASTAGNE, NOCI E NOCCIOLE
Le castagne venivano
raccolte con cura per non farsi pungere dai ricci,
sischissone. Qualche volta i ricci venivano
ammucchiati tutti insieme in una tremesa poi si
afferravano con un rametto di castagno a forma di forcella (sa
fortzidda) e si percuotevano con una pietra per far
uscire le castagne. Questa operazione veniva detta ischissonare.
Una volta
raccolte, castagne, nocciole e noci venivano messe dentro sa
sacchetta, una piccola sacca di orbace tessuta sui telai
tradizionali, o in su saccu, un sacco più grande,
generalmente di juta o ancora dentro la bisaccia, sa
bertula. Al trasporto di questultima provvedevano
gli uomini, mentre le donne si occupavano di trasportare sa
sacchetta, che veniva sistemata in testa sopra su
tedile, un panno arrotolato che serviva per reggere
meglio il carico in equilibrio.
Generalmente
noci, nocciole e castagne venivano vendute e solo una piccola
parte era destinata al consumo familiare. Talvolta si
scambiavano direttamente con altri prodotti alimentari,
provenienti dalla pianura: fave (sa fae), fagiolini
(faigedda) grano (trigu), orzo (orgiu)
ed olio (oggiu ermanu). Tutti i frutti del bosco
non si vendevano a peso, cosa che del resto accade anche oggi, ma
si adottavano e si adottano delle unità di misura molto
particolari: unu quartu, corrispondente ad un
quarto di litro; mesu litru,, mezzo litro; duo
litros, due litri; un imudu, cinque litri; su
cartutzu, 10 litri; unu cartu equivalente a
20 litri (binti litros o battero imudos);
sa carra corrispondente a 25 litri (bintichime
litros o chime imudos) ed infine su mou, lo
starello equivalente a 50 litri (chimanta litros o 10
imudos).
Una curiosità è data dal fatto che i
recipienti corrispondenti alle misure accennate non venivano
riempiti a raso, come ad esempio nel caso del grano, ma a
cuccuru, cioè ben sopra il limite superiore del
contenitore.
Le castagne,
non duravano a lungo e perciò venivano vendute agli ambulanti, is
carrattoneris, ai Santi o a Natale. Costoro poi le
rivendevano nel Campidano per acquistare grano, olio o
anche vino. Per conservare le castagne più a lungo le si metteva
in sa fossa, una buca scavata nella terra nel
fondaco (su funnagu) al piano terra della case.
Sul piano della fossa ci si curava di preparare un
letto (isterrere) di felci (filige) o
di ramoscelli di corbezzolo (pinnones de illione. Felci
e rami di corbezzolo servivano anche a ricoprire le castagne che
così duravano più a lungo, almeno fino a Pasca manna (la
Pasqua).
Con le
castagne, le patate, i fagioli ed il lardo si preparava uno
squisito minestrone. A tale scopo le castagne dovevano essere
fatte seccare si mettevano quindi dentro un sacco po ddos
iscrabinare, cioè per agitarle affinchè perdessero la
buccia ( po nne ddi si annare su piggiolu). Quindi
dovevano essere setacciate (isedatzadas) in su
sedatzu, o in su chilivru, un setaccio a
maglie più larghe. Le castagne che non perdevano tutta la buccia
venivano lessate cun patata isperrada, patate
affettate proprio in mezzo. Le castagne venivano poi cucinate
arrosto in su testu, una padella bucherellata,
oppure a lissu, cioè bollite. Bollite potevano
essere cucinate anche pitzigadas, cioè prive di
una piccola parte della buccia per insaporirle e facilitare la
cottura, soprattutto appena colte.
Con le noci, su
coccoro, e le nocciole, sa linzola o
nuxedda, si preparavano tanti dolci: il gattò,
su pane e saba e sopratutto i famosi caschettes
di Belvì, ma anche i guelfos, e poi pastas
prenas, pane e Natale e torrone a Tonara. A seconda
della qualità si poteva distinguere su coccoro perdosu
(quando il gheriglio non fuoriesce dal guscio) da su onu a
segare, cioè le noci che si sgusciavano intere e con
facilità. Coccoro indica il frutto maturo mentre
le noci non ancora mature si chiamano nuge, proprio
come lalbero. Le noci attaccate dal verme si definiscono coccoro
puntu. Questa definizione vale anche per le castagne.
Mentre per linzola calìa si intendono le nocciole
che non si staccano dal picciolo che le ricopre (sa
cocozzola). Noci, nocciole e castagne possono essere coinargias,
quando maturano tardivamente o capudargias, quando
maturano anticipatamente. Le castagne di scarto che non arrivano
a maturazione si chiamano ungone.
Alle donne
spettava un ulteriore lavoro da svolgere a casa. La cernita delle
castagne. Infatti esse provvedevano a seberare sa madura
dae sa pittica, cioè a separare quelle più grandi da
quelle più piccole. Naturalmente bisognava anche scartare le
castagne coi vermi (sa punta). A questo scopo le
castagne potevano essere messe nellacqua e così quelle coi
vermi o ammuffite venivano a galla. Nelle annate siccitose (in
annos de siccagna) le castagne venivano tenute in acqua
anche per due o tre giorni al fine di farle durare più a lungo.
Infatti in mancanza di questi accorgimenti sa castagna si
oghiada, cioè fuoriusciva il peduncolo e divenivano
immangiabili. Sa castagna oghìa, sa punta
e sungone venivano date agli animali.