ALCUNE CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE

 

Le case seguivano il profilo del terreno, spesso disponendo di due ingressi posti su livelli diversi. Gli ambienti erano piccoli ed addossati l’uno all’altro per garantire la minor dispersione del calore interno.

I tetti erano privi di canali di gronda e sporgevano dai muri della casa proteggendo la facciata, i balconi, le scale esterne e riversando l’acqua sulle strade incanalandola con tegole concave che erano chiamate “Canales”. In alcuni casi, nelle case,all’interno delle pareti che erano costituite da muri spessi a volte anche un metro e  mezzo, si ricavavano delle piccole nicchie che erano chiuse con delle ante e venivano chiamate “Armadios a muru” e costituivano un esempio di arredo rustico e semplice ma anche di ottima utilizzazione dello spazio.

All’interno della cucina, l’unico ambiente riscaldato della casa, risaltava “Su Fogile”, cioè il focolare che era una sorta di braciere quadrato, e solo raramente circolare, su cui si accendeva il fuoco. Il fumo usciva dagli interstizi fra le tavole che sorreggevano le tegole ed anneriva sia il tavolato che le pareti. “Su Fogile” era costruito con mattoni di argilla prodotti localmente.

Generalmente “Su Fogile” si trovava al piano superiore. Esso poggiava sul tavolato, “S’Intaulau”, fatto di assi di castagno malamente levigate, inchiodato su travi anch’esse di legno di castagno di Tonara. Il camino fu invece un’innovazione successiva. Esso era generalmente accostato ad una parete della cucina e nel tempo si impose quasi come un elemento di lusso. Le travi di sostegno del tavolato si chiamavano “Burdones”.

Anche il tetto era realizzato con questa tecnica: sulle tavole inchiodate ai “Burdones” si appoggiava “Sa Teula”, cioè le tegole, costituite da “Crobettorgios” e “Canales” che si sovrapponevano, un tempo, senza legante come malta e calce ma che venivano semplicemente fissate con delle pietre disposte qui e la sul tetto per impedire al vento di spostarle. Non rimangono più tracce, ormai, delle coperture più antiche dei tetti che venivano realizzate con pietre molto sottili di scisto, “S’Ischistu”, sovrapposte le une alle altre.

Le case erano costruite in maniera tale da disegnare dei percorsi intorno al focolare che, dato anche il clima rigido di Tonara, costituiva la cellula abitativa intorno a cui si snodava tutta la vita familiare.

I pavimenti erano di terra battuta al piano terra e di tavolato negli altri piani. I diversi piani su cui si sviluppava la casa erano divisi da “S’Intaulau”. L’altezza delle abitazioni non superava generalmente i due o tre piani. Le stanze erano perlopiù piccole e si univano a due a due. Le scale che collegavano i diversi piani erano anch’esse di legno e piuttosto ripide. Nelle facciate delle vecchie case resistono ancora all’usura del tempo i vecchi elementi come le architravi in legno e gli “Isprana Muros” cioè le travi di legno incastonate fra le pietre della muratura per livellare i muri. Il ferro battuto per i balconi venne usato prevalentemente a partire dagli anni Venti in poi e sostituì poco per volta il parapetto in legno de “Is Istauleddos”.

Al piano terra, dove aveva sede “Su Funnagu”, il fondaco o cantina, trovavano spazio anche gli animali domestici come il maiale, immancabile riserva di grasso e proteine per l’inverno, l’asino e spesso anche le capre o le pecore.

Nei piani superiori si svolgeva invece la vita domestica e prevalentemente nell’ambiente dove si trovava il focolare, e cioè “sa cogina”, cioè la cucina.

Nel passato i componenti della famiglia dormivano tutti insieme rannicchiati intorno al focolare. Dal tetto pendevano delle tavole pensili che erano sorrette da delle funi e che, un tempo, unite all’intreccio di rami chiamato “Su Cannitzu”, sostenevano gli alimenti da affumicare come il formaggio, i salumi e le castagne. 

In molte case era presente “Sa fossa” e cioè una buca scavata in Su Funnagu che serviva per contenere le castagne e garantirne la conservazione  fino alla primavera. A questo scopo le castagne venivano ricoperte da felci. “Sa Fossa” era chiusa da “Sa Trappa” (una specie di botola) che aveva anche la funzione di chiudere le scale o i piani delle case.

Sia i “burdones” che le tegole e le tavole venivano costruite da artigiani locali utilizzando materiali del posto.

L’accidentalità del suolo e la morfologia particolare dei terreni di montagna imponeva dei percorsi a volte lineari, a volte tortuosi ed incastonava la roccia all’interno delle case obbligando la realizzazione di terrazzamenti per superare i vari dislivelli ed imponendo anche l’accostamento delle case le une alle altre per utilizzare al meglio lo spazio, anche con la condivisione dei muri perimetrali.  La sagoma continua dei tetti era interrotta ogni tanto dai cortili delle case: “S’ortu ‘e omo” o “Sa cortilla”. Nella costruzione dei muri si privilegiava lo scisto che veniva usato a scaglie e legato con il fango “Su Ludu”. Lo scisto veniva anche usato per costruire i piani di calpestio delle strade e delle gradinate.

I colori dominanti delle case erano quelli dell’argilla scistosa dai toni ocra e quelli luccicanti della calce prodotta a Tonara. Gli unici elementi di colore vivo che rompevano la continuità del bianco e dell’ocra erano i bordi o cornici delle finestre e delle porte di un azzurro color del cielo, che veniva anche detto “Su colore ‘e Tonara”. Solo eccezionalmente la cornice si espandeva ed assorbita dall’intonaco dipingeva l’intera facciata di un intenso colore turchese, che rendeva così caratteristico l’abitato di Tonara. Inoltre le facciate erano caratterizzate dai pergolati e dagli allineamenti di travi, ancora oggi parzialmente visibili in molte case.

Spesso dai uri sporgevano dei “burdones” che servivano a sorreggere dei balconi chiamati “Istauleddos” i quali andavano da un muro all’altro di confine. I balconi, a volte, mettevano in comunicazione case diverse tra di loro e come nel caso dell’antica casa Porru a Tonara, permettevano di collegare case o parti di casse disposte ai lati opposti delle strade. 

Sulle vie principali del centro storico la casa si affacciava in modo diverso, ponendo la cucina sempre più in alto e comunicando con l’esterno con uno o più ingressi magari messi su strade parallele.  La compenetrazione degli spazi fra interno ed esterno era garantita dal tessuto viario principale che ancora oggi entra all’interno degli isolati e con gradinate, vicoli e strettoie creando una maglia sottile di spazi semiprivati. Questi spazi, a volte chiusi, come “Is Portzos” dei veri e propri sottopassaggi più che dei porticati, oppure aperti come “Is Erriles” permettevano la comunicazione fra case diverse, proiettando all’esterno lo spazio abitativo dell’abitazione. Le case di Arasulè erano mediamente più ampie di quelle di Toneri e Teliseri.

Arasulè, come gli altri rioni, era costituito da più vicinati “I’ biginaos”, sorti anticamente intorno alle varie fonti: Funtanedda, Funtana ‘Idda, Galusè, Su Zurru, Funtana Latu. Putroppo ad Arasulè, più che negli altri rioni, sono evidenti le ristrutturazioni delle case e le sostituzioni dei materiali più antichi come la calce, il fango, il legno e le pietre con quelli più moderni come il cemento armato, l’alluminio ed i blocchetti. E c’è da dire che purtroppo queste sovrapposizioni di materiali e tecniche costruttive hanno spesso creato degli scempi devastando il centro storico e togliendogli quella sua identità particolare che lo rendeva unico e caratteristico.

Con la costruzione del primo acquedotto, negli anni Trenta, e con l’allacciamento dell’acqua potabile nelle case si modificò anche l’uso degli spazi interni anche perché si andarono affermando nuovi bisogni. Sa Cogina e Su Fogile perdono la loro centralità e lo spazio interno della casa viene differenziato in ragione dell’utilizzo. Si affermano ad esempio “I’ Forreddos” cioè l’angolo per cucinare. In seguito “Su Funnagu” ospitò il bagno. Con le nuove funzioni ed esigenze costruttive si impongono anche nuovi materiali come le ceramiche e gli stucchi.

Nel centro storico di Tonara, c’erano tuttavia, ed in alcuni casi esistono ancora, tanti elementi che lo rendevano originale: “Is Iscalittas” che permettevano di superare rapidamente i vistosi dislivelli fra i vari rioni; “Su Portzu “ che originariamente era una sorta di ponte di legno che univa più ambienti elementari in un’unica proprietà; “Su Errile”, un passaggio strettissimo compreso fra le case su cui non si aprivano porte o finestre e che raccoglieva, fra l’altro, le acque piovane permettendone il regolare deflusso, e che si usava nel paese come unico spazio igienico con un carattere per così dire pubblico; “I’ Forros”, cioè i forni distribuiti un po’ in tutto il paese e che erano usati dalle famiglie del vicinato per la cottura del pane; “S’Istauleddu Ammantau”, cioè quell’ampia terrazza o balconata disposta lungo tutto il perimetro della casa e coperta da un’ampia tettoia che costituiva la prosecuzione del tetto della casa.


 

 

 

                                                                                     

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