VISITA ALLA GUALCHIERA DI TIANA E ALLA NECROPOLI DI MANCOSU

 

ITINERARIO

 

L’escursione prevede un interessante itinerario culturale ed archeologico nel suggestivo territorio del Comune di Tiana per riscoprire il fascino degli antichi mestieri e per ammirare le tante e spesso misteriose vestigia del passato.

 

  

DISTANZE ORARI E TEMPI DI PERCORRENZA

 

La prima meta è alla Gualchiera (Sa gracchera)  che si trova poco sotto la strada lungo la statale 128, appena un Km. prima del paese. Dopo la visita si può fare rientro alle macchine a proseguire per Tiana, poi per una strada di campagna, in direzione di Ovodda, dopo circa 3-4 Km. si arriva, accompagnati da una guida del posto, alla Necropoli di Mancosu, al confine con il territorio di Ovodda, costituita da ben 7 Domus de Janas.

 

                              La gualchiera

 

La gualchiera si trova nella zona di Torrei, a circa un chilometro (in linea d'aria) da Tiana, nei pressi del fiume Tino, del quale veniva utilizzata l'acqua per il suo funzionamento. Si arriva percorrendo dalla strada statale 128 (che collega Tiana con Tonara) un piccolo sentiero che conduce al fiume. La zona circostante possiede una ricca vegetazione rappresentata da lentisco, fillirea, noccioli, pioppi, ontani, ciliegi.

Ascoltando le testimonianze delta gente di Tiana sappiamo che vi erano diverse gualchiere. Alcuni anziani sostengono di aver conosciuto tre gualchiere e parlano di una ventina tra mulini a gualchiere, collocati lungo i torrenti Tino e Torrei. L'unica ancora esistente era di propietà di Francesco Zedda nato a Tiana nel 1894, costruita alla fine dell’800 e modificata, solo nella struttura esterna, nell'ultimo decennio.

Questa macchina serviva per la follatura dell'orbace, tessuto ottenuto dalla lana di pecora che veniva utilizzato per la confezione di gonne e grembiuli del costume femminile; oppure per calzoni, giubbini (corpetto), berretti, copriscarpe, mantelli per pastori a infine coperte;  in alcuni casi però poteva essere utilizzata anche la lana di capra per confezionare soprattutto le bisacce che risultavano più resistenti.

La follatura è l’operazione necessaria per far infeltrire il tessuto, in modo da renderlo più morbido, resistente e caldo. Una follatura completa  impiegava 24-43 ore di tempo  secondo la quantità di tessuto.

La procedura era la seguente: l'orbace veniva sistemata nel piano di lavoro. Su questo piano si muovevano, alternativamente, avanti a indietro i due magli della gualchiera, azionati da due pale, una per ciascuno, sistemate trasversalmente e in senso opposto l’una all'altra sull'asse della ruota motrice. La ruota è sistemata esternamente nella parete sinistra dell'edificio e funziona sfruttando l'energia dell'acqua, fatta scendere dall'alto per mezzo di un canale di legno. La ruota idraulica della gualchiera è del tipo “per di sopra” perchè sfrutta la caduta dell'acqua; le pale battono con forza sul tessuto fino a determinarne il completo infeltrimento.

Della gualchiera se ne servivano  molteplici paesi: Tonara, Teti, Sorgono, Austis, Belvì, Aritzo, Gavoi, Desulo e Fonni. Da tutte queste località, in particolare da Gavoi, venivano uomini e donne con i loro carichi di orbace.

Per stabilire la lunghezza del tessuto, come unità di misura, veniva usata la canna,  equivalente ad una lunghezza di 3 metri. Per la follatura di una “canna” di orbace, il gualchieraio chiedeva inizialmente 5 centesimi, successivamente si arrivò a 5 lire. Comunque il sistema di pagamento più frequente era il baratto.

La gualchiera veniva utilizzata durante l'autunno e l'inverno, nonostante che la portata del fiume Torrei fosse abbastanza regolare e sufficiente anche in estate.

Tenendo conto che la tosatura delle pecore avviene di solito in giugno e che le massaie hanno bisogno di tempo per lavare, filare a tessere la lana grezza, la gualchiera di conseguenza non veniva utilizzata frequentemente durante l'estate.

L'orbace veniva sistemato nel piano. Su questo piano si muovevano, alternativamente, avanti a indietro i due magli della gualchiera. I magli vengono azionati da due pale, una per ciascuno, sistemate trasversalmente a in senso opposto l’una all'altra sull'asse della ruota. La ruota a sistemata esternamente nella parete sinistra dell'edificio. La gualchiera funziona sfruttando 1'energia dell'acqua, fatta scendere dall'alto per mezzo di un canale di legno. La ruota idraulica della gualchiera è del tipo “per di sopra” perchè sfrutta la caduta dell'acqua.

 

                       La necropoli di Mancosu

 

Percorrendo la strada di campagna parallela alla strada statale Tiana-Ovodda, a circa 3-4 km di distanza dal centro abitato di Tiana. si arriva alla localita Mancosu: un costone roccioso, ricco di vegetazione di tipo arbustivo. La vegetazione è rappresentata da olivello selvatico, corbezzolo, erica, cisto, fillirea, leccio, ginestra, asfodelo (vegetazione mediterranea).

Terminata la strada bianca  si trovano le 7 domus de janas, di cui le ultime due appartenenti al territorio di Ovodda. Solo la prima risulta separata dalle altre, mentre le rimanenti costituiscono degli agglomerati vicini tra loro, tanto da formare una vera a propria necropoli.

Ormai è stato accertato, dagli archeologi e dagli storici, che queste grotticelle artificiali furono costruite in età preistorica per seppellire i morti. E’ invece da escludere che venissero usate come abitazioni, perchè sono molto basse, e nella maggior parte dei casi ci si può entrare solo inclinati.

La roccia delle domus è granitica, tuttavia si sfalda con estrema facilità, perciò poteva essere lavorata con strumenti di pietra e metalli poco duri, come il rame.

A Tiana le domus de janas sono conosciute col termine di forreddos, poichè hanno un ingresso che ricorda l'apertura dell'antico forno, utilizzato per la cottura del pane.

 

                             Le domus de janas

 

Il termine domus de janas significa “casa delle streghe”. E’ stato accertato che esse sono sepolture in gran parte collettive. Risalgono, secondo gli studiosi, all’età calcolitica (2000 circa a.C.); durante l'era nuragica continuarono ad essere utilizzate, ampliate ed evolute, secondo le esigenze dei gruppi umani. Sono interamente scavate nella roccia e, ancora oggi, si possono riconoscere da piccoli ingressi semicircolari. In tutta la Sardegna si sono contate 1.100 grotticelle, disseminate in tutto il territorio. Talvolta si trovano isolate, ma molto spesso costituiscono una vera e propria necropoli,  scavate le une accanto alle altre, in gruppi che in qualche caso superano i 40 esemplari.

 

                                                                                      

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