Vincenzo Cabras

di Antonio Cabras

 

 

 

 

L'uomo più illustre, che maggiormente abbia dato onore e decoro alla famiglia, è Vincenzo Cabras.

Nacque in Tonara verso il 1732 da Pietro e da Teresa Zucca. All'età di quindici anni lasciò la casa paterna, per recarsi a Cagliari, preso da ardente desiderio per lo studio. Si laureò in utroque jure presso la R. Università di Cagliari il 19 aprile 1755, non ancora ventitreenne.

L'11 giugno 1760 contrasse matrimonio con Maria Caterina Ronqui. Da questa unione nacquero:

1.° - l’8 aprile 1761 Antonio Vincenzo Pasquale Andrea, di cui, diventato più illustre del genitore, parleremo in seguito.

2.° - il 9 luglio 1763 Anna Maria, Bernarda, che nel 1783 andò sposa al Dottore in leggi Francesco Maria Carboni, figlio dell'avv. Ignazio e di Donna Anna Borras (3).

Rimasto vedovo, il 14 ottobre 1769 si unì in seconde nozze con Anna della celebre famiglia Tiragallo, e da questa unione ebbe dodici figli.

1.° - Maria Teresa Anna Vittoria (4), nata il 13 settembre 1770, sposatasi nel 1785 al Dott. Don Efisio Luigi Pintor-Sirigu (5), deceduta nel 1849.

2.° - Rita Bernarda Giovanna Maria Vittoria nata il 21 agosto 1772.

3.° - Maria Giuseppa Anna Luisa Vincenza nata il 3 settembre 1774, si sposò nel 1793 col Dott. Don Bernardo Pintor. Vincenzo Cabras diventò il più celebre giureconsulto del tempo ed ebbe presso i sobborghi della Città di Cagliari, specialmente in quello di Stampace, una grande ascendenza presso quei popolani, di cui giustamente ne difendeva i diritti conculcati.

Dopo la vittoria riportata dai Sardi nel 1793 contro l'invasione francese, il cui merito principale va dato al tribuno Vincenzo Sulis, a Girolamo Pitzolo, al Visconte Asquer ed ad altri animosi isolani, il vicerè Balbiano, nelle sue relazioni inviate a Torino, travisò i fatti quasi attribuendo a sè e agli ufficiali piemontesi l'esito favorevole della campagna stessa.

Il Re, per quanto facesse pervenire la sua gratitudine ai Sardi, per la loro eroica difesa del Regno, ingannato dai dispacci viceregi, nessuna ricompensa concesse ai valorosi difensori.

Risentiti forse da una sì patente ingiustizia, e anche perché gli impieghi, in massima parte, erano tenuti dai piemontesi tracotanti e insolenti, e forse anche per il vento di fronda proveniente dalla vicina Francia in rivoluzione, il fatto sta che un certo malcontento e malumore contro il governo di Torino, che non si mostrava abbastanza premuroso per l'Isola, cominciò a serpeggiare nelle popolazioni del Regno. L'agitazione era in atto e diretta, non tanto contro la persona del Re, che riscuoteva la massima fiducia e devozione, ma contro i suoi ministri di corte.

Il popolo, vedendosi trattato male, quasi dimenticato, cominciò a mormorare; si tenero adunanze segrete nei sobborghi della Città, specialmente in Stampace, capeggiate da uomini d'ingegno e di aura popolare, quali Vincenzo Sulis, Vincenzo Cabras, Efisio e Bernardo Pintor e molti altri patriotti.

Venne decisa una dimostrazione di protesta, che venne però sventata: il vicerè, in seguito a informazioni, la prevenì e il 28 aprile 1794 fece circondare la casa dell' avv. Cabras, posta dirimpetto alla Chiesa di S. Anna.

L'avv. Cabras e il genero avv. don Bernardo Pintor vennero arrestati e scortati dalla truppa, furono tradotti e rinchiusi nella Torre di S. Pancrazio. L'avv. don Efisio Luigi Pintor riuscì a scappare.

Non appena venne conosciuto l'arresto, i cittadini dei sobborghi di Cagliari, radunatisi in un baleno, incendiarono le porte del Castello, disarmarono la guarnigione, reclamando che immediatamente fossero messi in libertà il Cabras e il Pintor, che il popolo dubitava fossero già giustiziati. Per rassicurare la folla tumultuante e minacciosa i due vennero presentati dall'alto del bastione di S. Remy dall'Arcivescovo di Cagliari Melano di Portula, fiancheggiato dai Marchesi di Laconi e di Neoneli.

Lo storico Giuseppe Manno nella sua monumentale «Storia della Sardegna» così si esprime al riguardo:

« L' avv. Cabras era un vecchio venerando per dottrina e per probità, ed avea nel lungo esercizi della sua avvocaria tratto a sè amistà e clientele in gran numero .... credeasi che quella casa (del Cabras) fosse uno dei ritrovi dei congiurati, e si pensò perciò che al vedere come si andava diritto a colpire alcune delle persone più eminenti fra di essi avessero tutti a costernarsene».

Avvenne il contrario.

La folla, arse le porte d'ingresso del Castello, invade la piazza antistante la Reggia. Le truppe dopo una strenua resistenza si arrendono al popolo; il Vicerè si rifugia nel palazzo arcivescovile, mentre il Magistrato della Reale Udienza da quel momento di eccezionale gravità assume di diritto il comando dell'Isola.

1 piemontesi tutti residenti a Cagliari e nel resto della Sardegna, compreso il Vicerè, fatta eccezione dell'Arcivescovo, vennero imbarcati e fatti partire per il continente. Gli avvocati Cabras e Pintor liberati.

Intanto Torino, allarmata, nomina il Marchese della Planargia a Generale delle Armi e don Girolamo Pitzolo a Intendente Generale del Regno, i quali unitisi ai Baroni e a molti membri dello stamento militare, formano una compagnia armata di volontari, mentre dall'altra parte viene costituito il partito democratico-liberale, capeggiato dal giudice della R.U. don Giovanni Maria Angioy, cui aderiscono la famiglia Cabras, i fratelli Pintor con i loro aderenti, tutti i membri dello Stamento Reale, Vincenzo Sulis, tribuno e comandante del battaglione degli arruolati di Stampace, nonché il Visconte Asquer di Flumini.

Il trattamento ostile di Torino, la reazione del Pitzolo e della Planargia, la nessuna considerazione in cui erano state tenute le domande dei sardi, fecero sì che il 6 luglio 1795 scoppiasse una nuova sommossa popolare, in cui venne ucciso Girolamo Pitzolo e il suo amico il cavaliere Agostino Meloni, mentre il Marchese della Planargia veniva arrestato e rinchiuso nella Torre dell'Elefante, dove venne trucidato il 22 luglio dello stesso anno. La crescente autorità del popolo cominciò a impensierire la Regia autorità, nonché gli stessi capi del partito liberale.

Ma l'uomo più temibile e anche il più influente, don Gio. Maria Angioy, delle cui intenzioni dubbie si cominciò a sospettare in seguito a una manovra diplomatica, venne allontanato da Cagliari e inviato a Sassari con pieni poteri quale Alternos del Vicerè.

L'Angioy, dotato di una vasta coltura e di una intelligenza superiore, sostenne giustamente gli interessi dei vassalli contro gli abusi e le prepotenze feudali, e cogliendo tale pretesto, dopo aver radunato un grosso esercito, marciò verso la Città di Cagliari, con 1' intento ormai palese di conquistarla e di instaurare la repubblica.

Così le intenzioni dell'Angioy si svelarono: il suo moto era antimonarchico. I suoi disegni però fallirono, perché i sardi che nel 1793 difesero eroicamente il Regno dall'invasione francese, nel 1796 sconfissero 1'Angioy, che pur ricco di tante benemerenze sociali voleva deporre il Re, cui i sardi vollero mantenersi fedeli.

Arrivati a questo punto una riflessione.

Io ritengo che l'Angioy fin dal 1794 fosse in relazione con emissari francesi e che avesse animo, senza svelarsi nemmeno agli altri esponenti del partito liberale, di proclamare la Repubblica Sarda, federandola alla Francia rivoluzionaria.

E ritengo pure che gli aderenti dell'Angioy non avessero altra mira che quella di protestare contro i soprusi e le ingiustizie che il Governo di Torino commetteva ai danni dell'Isola: proteste dirette quindi contro i ministri piemontesi, non contro il Re, il quale in ogni tempo si era dimostrato benevolo verso i sardi.

Ritengo anche che gli elementi liberali, quali i Cabras e i Pintor, considerando che la marcia, non contrastata, dell'Angioy avrebbe suscitato nell'Isola la guerra civile, e in vaste proporzioni, onde evitare tanta iattura al popolo sardo, già duramente provato, si siano allarmati per la piega degli avvenimenti e dissentendo dai metodi angioini, abbiano impedito che ciò avvenisse.

Con la sconfitta dell'Angioy, il cui movimento aveva un fine certamente antimonarchico, condiviso da pochi intimi sassaresi, era logico che il Re, per difendere più che se stesso l'istituzione della monarchia, inveisse contro i promotori della insurrezione. Non vi è dubbio che le ipotesi del Manno siano state veritiere, avvalorate e confermate recentemente dagli studi di Antonio Boi, il quale ha dimostrato con documenti degli Archivi di Stato di Parigi, che 1'Angioy aveva divisato d'instaurare la Repubblica Sarda, in contrasto con lo spirito delle popolazioni sarde,che hanno sempre dimostrato fede nella religione e devozione al Re.

Con quasi certezza possiamo asserire che i liberali di Cagliari del 1794-95-96 non erano antimonarchici, e che i moti stessi, come asserisce Sebastíano Pola, avevano «carattere prevalentemente economicoantifeudale».

Anche Francesco Sulis in fondo è dello stesso parere, perché scrutando la causa dei moti di Sardegna dice testualmente: « L'Angioy non per intero a tutti rivelò i propri divisamenti, ben tutti invogliò d'una questione di domestico interesse, che lasciò intravedere possibile, e fu quella dell'abolizione dei feudi».

Gli avventati e infondati giudizi che al riguardo ne da Ignazio Esperson son parto di un esaltato partigiano, che osa tacciare di partegianeria il grande storico Giuseppe Manno, la cui dote principale è l'esame obiettivo dei fatti, basato sempre su documenti indiscutibílí per severità e serietà.

Con ciò più che rendere giustizia all'operato dell'avv. Vincenzo Cabras, ho inteso mettere nella vera luce le ragioni dei moti di Sardegna dell'ultimo decennio del secolo XVIII e i loro protagonisti più eminenti.

Il Re accolse ulteriormente tutte le domande che nel 1793 gli vennero presentate dai deputati degli Stamenti del Regno: la pace e la tranquillità subentrarono nelle popolazioni, grazie specialmente all'interessamento di Vincenzo Cabras e di Vincenzo Sulis, i quali predisposero gli animi alla benevola accoglienza che venne fatta a Carlo Emanuele IV°, quando dovette rifugiarsi nell'Isola nel marzo 1799, in seguito alle note vicende politiche.

In premio della sua condotta e della sua capacità Vincenzo Cabras con R. Patente del 30 agosto 1796 venne nominato Intendente Generale del Regno di Sardegna, carica che tenne fino al 18 novembre 1799. Immediatamente dopo venne innalzata all'alta dignità di Presidente della Real Camera dei Conti in Torino, carica che tenne fino al suo collocamento a riposo avvenuto in seguito a sua domanda nel 1803.

Come giudice della Reale Udíenza venne ínsígníto della nobiltà personale, che non volle si estendesse ai suoi discendenti. Su proposta di S.A.R. Carlo Felice, Duca del Genovese, venne nominato primo Presidente perpetuo della Reale Società Agraria ed Economica con patente 3 dicembre 1804.

 

 

 

                                                                                      

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