I Torronai di Tonara
di Mario Gerard Salole

Premessa

Il metodo della osservazione partecipante, che è uno dei principi dell'antropologia anglosassone rimasti più o meno intatti nonostante le. diverse elaborazioni subite, richiede che il ricercatore si distanzi dal proprio oggetto di studio nel tempo e nello spazio prima che si comprometta nello scritto. Di conseguenza, le pubblicazioni raramente riflettono la crudezza e l'immediatezza dei dati appena raccolti, in quanto ormai essi sono stati filtrati dall'analisi e dalla riflessione propria del processo dello scrivere. Taluni lavori però danno adito al dubbio se il periodo di riflessione serva soltanto a fare dello scritto una pubblicazione con tutti i crismi dell'accademia, a rischio di perdere quel contatto con la vitale intimità col quotidiano che dovrebbe costituire l'elemento qualificante delle discipline antropologiche. Il presente lavoro, che consiste in una prima parziale presentazione di dati raccolti nel corso della ricerca da me svolta a Tonara, vuole essere una risposta "a caldo", "appunti dal campo" non sottoposti cioè ai filtri tradizionali, ad alcuni dei problemi più interessanti emersi nel corso della ricerca (nota1) .


1. Il declino della pastorizia


Tonara, un piccolo paese montano nel centro della Sardegna, è noto in tutta la zona per essere qualcosa di atipico nel contesto dell'ambiente pastorale barbaricino di cui fa parte. Questa differenza fra Tonara e i suoi immediati vicini (Sorgono, Tiana, Austis, Belvi, Aritzo e Desulo) è enfatizzata ed ha un riflesso quotidiano nella folk-image del paese che si può riscontrare sia a livello emico (come costruzione dei protagonisti) sia a livello etico (come costruzione degli osservatori). Infatti, la reputazione di Tonara, di essere "diversa" dagli altri, è così diffusa che si trovano molti lazzi sul atto che i tonaresi sarebbero tutti "maccos". Ciò viene spiegato con l'affermazione che Tonara non manifesta quel carattere di riserbo e diffidenza tipico di una società pastorale: non c'è omertà a Tonara. Questa folk-image di Tonara che si è affermata nei paesi circostanti e che le viene attribuita dagli informatori, vale a dire la mancanza di discrezione e di riservatezza dei tonaresi, viene legata al presunto passato non-pastorale di Tonara: "A Tonara non sono pastori, e non lo erano mai: è pieno di ambulanti e di commercianti che sono allegri e simpatici come vuoi, ma non hanno imparato che non si deve parlare troppo". Appare interessante in questa spiegazione proprio il fatto che venga negato il passato pastorale di Tonara e venga, parallelamente, enfatizzata la sua predisposizione alla attività commerciale. E' vero, infatti, che Tonara oggi non ha prevalentemente un'economia pastorale e che si può ragionevolmente affermare che i tonaresi hanno abbandonato la pastorizia con velocità allarmante. La netta diminuzione dei capi di bestiame a partire dal 1890 (da 21.985 nel 1888 a 16.319 nel 1921, e da 14.787 nel 1945 a meno di 3.000 nel 1981) è stata spettacolare. I motivi del collasso della pastorizia (e ugualmente dell'agricoltura) sono molti e troppo complessi per chiarirli in modo esauriente in questo scritto che ha come oggetto i torronai di Tonara
(nota2)
. Ciò (nonostante è importante notare che il folk-model ha individuato l'emergenza del settore commerciale come intimamente legata al fallimento della pastorizia, rappresentando questo fenomeno come uno spostamento diretto dalla pastorizia al commercio ambulante. Ora ciò non è del tutto esatto, dato che la maggior parte dei pastori o hanno trovato occupazione in qualità di operai nei cantieri di forestazione della zona, o sono emigrati nel continente o in Europa (la popolazione di Tonara è diminuita da 3237 abitanti nei primi anni del secolo a 2600 nel 1981).


2. Le origini dei torronai


E' difficile accertare precisamente quando l'arte di fare il torrone (nota3) sia stata importata a Tonara. Ciò che appare certo è che la costruzione della ferrovia Cagliari-Sorgono, alla fine del secolo scorso, ha costituito per i tonaresi un momento importante di contatto con molti lavoratori del continente (soprattutto toscani), contatto che ha lasciato molte tracce nell'economia del paese(nota4).Se l'arte è stata appresa da questi uomini o appresa altrove da qualche tonarese, è impossibile a precisarsi. Gli informatori sono molto vaghi sulle origini e molti sono convinti che il torrone sia un dolce tradizionale che esisteva in Tonara già prima del 1850. Il Casalis non fa menzione del torrone nel suo Dizionario .(nota5*).


E' certo, comunque, che alla fine del secolo il torrone veniva prodotto da una famiglia tonarese che ne monopolizzò la produzione e la vendita per quasi un decennio. La famiglia Carta possedeva due grandi caldaie di rame (su keddàrgiù) nelle quali veniva confezionato il dolce e probabilmente il "segreto" della produzione passò ai parenti più prossimi. Inoltre, la famiglia produceva più torrone di quanto ne potesse vendere da sola e metteva l'eccedenza a disposizione degli ambulanti(nota6*) che erano interessati a vendere. A partire dal 1910 si contavano mezza dozzina di uomini che viaggiavano a piedi o a dorso di c'avallo vendendo torrone, noci, noccioline, campanacci(nota7*) e altri prodotti artigianali nelle varie faste religiose che si svolgevano in tutta l'isola. Per varie ragioni il torrone era un prodotto ideale per Tonara: degli ingredienti che sono necessari per la sua produzione, il miele e la frutta secca sono prodotti localmente, e gli albumi d'uova erano facilmente reperibili nei paesi vicini. Attorno agli anni '20 venti famiglie avevano, ormai, acquistato le loro caldaie di rame e producevano il torrone a casa.


Gli ingredienti venivano mescolati a mano, a fuoco lento (il "vero" segreto per un buon torrone) per molte ore. La preparazione degli ingredienti - pelare e tostare la frutta secca e preparare il miele e gli albumi d'uovo - richiedeva molte ore di noioso lavoro. Normalmente questo lavoro, tipicamente femminile, era svolto da moglie e figlie del torronaio, ma, se necessario, si ricorreva a manodopera femminile all'interno della cerchia parentale o anche a giovani donne retribuite.
Durante gli anni '20 c'erano nel paese circa centoquindici "ambulanti" che viaggiavano e vendevano merci varie nell'isola. Non tutti questi erano venditori itineranti a tempo pieno: molti erano gente estremamente povera che, avendo un piccolo surplus di castagne e frutta secca, lo portava in Campidano per lo scambio con prodotti locali. Durante questo decennio, comunque, veniva introdotto il carrettone che contribuì fortemente alla creazione di una vera categoria di ambulanti e torronai in Tonara. I tonaresi, che avevano appreso la carpenteria dai carpentieri toscani venuti a costruire la ferrovia, erano diventati essi stessi produttori del carrettone, essenzialmente un adattamento del vecchio carro agricolo che facilitava i viaggi a lunga distanza. Questa innovazione tecnica consentì ai torronai di assentarsi da casa per periodi più lunghi e comportò di conseguenza un notevole ampliamento del mercato. La crescente produzione costringeva i produttori ad acquistare miele dagli Abruzzi e a dipendere maggiormente dal lavoro retribuito.


In questa fase si può individuare il primo momento di sviluppo: il miele prodotto localmente non basta più a soddisfare la richiesta dei produttori, e la manodopera salariata incomincia ad essere impiegata in un modo semi-permanente (vengono assunte sempre le stesse persone durante i periodi in cui si lavora). Nel risveglio della crisi postbellica un'altra innovazione tecnica, l'automobile, superò il carrettone, così come il carrettone a suo tempo aveva superato il cavallo. Si adottò il trasporto meccanizzato e nel giro di pochi anni le macchine avevano completamente sostituito il carrettone. L'automobile ha talmente soppiantato quest'ultimo, che quei torronai che non si potevano permettere di comperare un mezzo motorizzato furono costretti a viaggiare con mezzi pubblici, portando con sé le loro merci e un tavolo pieghevole (nota8) .E' importante notare, però, che l'introduzione dell'automobile, pur rappresentando un cambiamento significativo, un momento di sviluppo, non comporta tuttavia una rottura, un passaggio qualitativo dal vecchio al nuovo. Infatti, si assiste in un primo tempo ad una estensione della capacità di smercio (cioè il mercato), ma non ad un adeguamento della capacità di produrre (cioè un cambiamento nei modi della produzione). Col tempo, però, questa situazione di squilibrio ha portato inevitabilmente conseguenze profonde anche nell'ambito della produzione.


3.La produzione industriale del torrone


Il passaggio della produzione del torrone dalla fase artigianale a quella industriale è chiaramente legato al crescente benessere di quella che era tradizionalmente una società povera. Nella Sardegna del dopoguerra l'acquisto di un pezzo di torrone ad una festa è diventato un fatto normale così come la bancarella del torronaio è diventata uno degli ingredienti della festa stessa: "Ma una festa senza torrone? Bah! non è una festa! non si può immaginare". Il fatto che i torronai siano diventati più mobili ha comportato per essi la possibilità di partecipare a più feste e quindi di vendere una quantità di torrone sempre più elevata. Questa aumentata possibilità di vendita ha fatto in modo che i torronai fossero costretti ad abbandonare la produzione artigianale, fino ad allora essenzialmente di tipo familiare. Agli inizi degli anni '60 infatti si ritorna, per certi versi, al monopolio della produzione che aveva caratterizzato la fase iniziale: un solo imprenditore incomincia a produrre il torrone, meccanizzandone però la lavorazione. All'inizio ci fu una certa resistenza da parte dei torronai verso questa iniziativa, tanto che fu compiuto anche un debole tentativo di costituire una cooperativa di produttori (nota9*), tentativo che presto fallì. Nel giro di pochi anni i torronai hanno abbandonato la produzione del torrone in casa, e attualmente soltanto un torronaio produce il proprio torrone utilizzando una macchina identica a quelle usate nella fabbrica. Il risentimento contro la fabbrica non è sparito completamente e periodicamente l'idea della cooperativa viene fatta rivivere da alcuni torronai che vorrebbero cambiare lo status quo .

La verità, però, (e questo è detto esplicitamente da loro stessi) è che la fabbrica permette ai torronai di rimanere indipendenti gli uni dagli altri, ed insieme li libera completamente dal peso di produrre il torrone in casa e dai grossi problemi ad esso connessi: dall'acquisto e manutenzione delle macchine, all'assunzione stagionale della manodopera (legata al carattere stagionale dalla produzione), all'acquisto della materia prima (nota10*).I torronai, infatti, sono molto gelosi della propria autonomia e questo appare anche dalla resistenza opposta ai ripetuti tentativi di delimitare le zone proprie a ciascun ambulante. E' importante sottolineare che, in un certo senso, la fabbrica è la risposta ideale alle esigenze dei torronai. Non a caso, i torronai, che hanno sempre saputo sfruttare le innovazioni tecniche (come nel caso del carrettone o dell'automobile) si sono arricchiti proprio nei quindici anni da che esiste la fabbrica. La formula di questo successo è data dal rapporto di equilibrio, abbastanza atipico, stabilitesi tra torronai e fabbrica, tra produzione e commercio, per cui la fabbrica si limita a produrre solo la quantità di torrone richiesta, e anzi si amplia solo sulla base della domanda crescente. All'instaurarsi di questo equilibrio mi pare abbiano contribuito proprio la varietà e flessibilità dei rapporti contrattuali che legano ciascun ambulante alla fabbrica (nota11*).


4. I torronai oggi


Come categoria, i torronai sono probabilmente i più benestanti. Per quanto nessuno di essi, preso singolarmente, abbia la stessa forza economica che è espressa in Tonara dalle segherie, collettivamente essi costituiscono un importante, se non il predominante, settore della economia tonarese, e questo si riflette nel folk-image. Molti torronai si sono arricchiti tanto, negli ultimi venti anni, che si può individuare un trasferimento in blocco a Su Pranu, il nuovissimo quartiere di Tonara dove le villette stanno sorgendo in modo spettacolare. La scelta di Su Pranu come nuova zona di costruzione da parte dei torronai è dipesa dal fatto che, data la natura pianeggiante del terreno, il piano regolatore consentiva la costruzione di garages ed ampi magazzini a fianco delle grandi case di abitazione, mentre nei vecchi quartieri questo non era possibile e le strade erano troppo strette per permettere agli ambulanti di arrivare alle loro abitazioni col furgone. Durante i masi invernali i torronai normalmente rimangono a casa, solo compiendo viaggi nelle loro "zone" per vendere noci, noccioline e castagne, ma sono essenzialmente in "riposo" nel paese. Recentemente c'è stata una tendenza, da parte di alcuni giovani ambulanti, a lavorare il più possibile, anche durante l'inverno.

Questo fatto ha provocato un'ondata di risentimento: "Quando vedo che si caricano il furgone per andare a vendere mercé nella mia zona, cosa devo fare? E allora mi carico il furgone e via! ma non doveva essere cosi!" Inoltre, la ricerca degli ingredienti di base a prezzo basso ha fatto in modo che alcuni torronai vadano anche in continente per acquistare le noci. Questo fatto ha provocato nuove tensioni fra i produttori locali di noci e noccioline (normalmente piccoli proprietari) e i torronai. A parte queste eccezioni la maggioranza dei torronai durante l'inverno rimangono in passe; ma, dalla fine d'aprile in poi, essi lavorano nelle diverse feste religiose di tutta l'isola. I torronai tonaresi sono normalmente presenti in forza alle seguenti feste: S. Anna (Oniferi), S. Antonio (Orosei, Fonni), S. Basilio (Villanova Strisàili), S. Costantino (Sedilo), Ss.Cosma e Damiano (Mamoiada), Ferragosto (Orgósolo ed altri), S. Francesco (Luia), S. Giovanni (Orotelli), L'Addolorata (Ortueri), L'Angelo (Orune), S. Lorenzo (Silanus), S. Lucia (Sarule). Madonna delle Grazie (Siniscola, Nùoro), Madonna di Gonare (Sarule, Grani), S. Marco (Lei), Martiri (Fonni), Gttava di S. Antonio (Tonara), S. Palmiro (Ghilarza), S. Pantaleo (Macomér), S. Pietro (Orgósolo), Redentore (Nuoro) e S. Simplicio (Olbia).


Molti torronai frequentano però regolarmente anche altre feste. Essi hanno infatti una loro zona come l'Ogliastra, il Sassarese, la Baronia o il Nuorese. Ma ciò non esclude ohe vadano ad altre feste "quando capita", o che partecipino ogni anno ad ima o due feste di altre zone. Alcuni fra i più giovani torronai hanno fatto di necessità virtù e si avvantaggiano del non avere una zona particolare da coprire passando nel corso di uno stesso viaggio da Sassari al Campidano di Cagliari, dal Nuorese all'Oristanese. Come risulta dalla citazione più sopra riportata, i rapporti fra torronai sono molto tesi.
Ciascun torronaio ha la sua parte di aneddoti da raccontare sui bisticci fra ambulanti nelle diverse feste dell'isola. Alcuni posti, "lo spazio", sono spesso giudicati i più favorevoli all'ubicazione della bancarella su cui vendere il torrone (i lati più frequentati delle piazze vicini alle chiese ecc.). La competizione per gli spazi spesso porta ad una grande tensione fra persone che a volte sono anche parenti o compari. Delle sessantasette licenze di ambulanti attualmente rilasciate dal Comune di Tonara, quarantacinque sono di torronai in attività.

Alcune delle ventidue licenze che non sono in attività appartengono a mogli di torronai che hanno preso la licenza a proprio nome per permettere ai mariti di aprire due banchi di vendita alle feste (spesso in due punti diversi), le altre sono o di ambulanti che non vendono torrone o di gente che ha preso la licenza ma non pratica il mestiere. Dei quarantacinque torronai attivi, diciannove sono parenti con almeno un altro (spesso più di uno) torronaio, e ci sono, inoltre, un numero significante di compari (con tutte le difficoltà concomitanti di rispetto e mutua deferenza che questa istituzione comporta in Sardegna). Alcuni ex-torronai mi hanno detto che questa tensione fra gli ambulanti era uno dei motivi per cui hanno lasciato il mestiere: "Tu li vedi qui in paese e sono bravi, anzi bravissime persone, ma se li vedi dietro il banco cambierai opinione! Non guardano in faccia a nessuno. C'è gente che odia, si odia, per queste cose! Si litiga per lo spazio e poi per farti un dispetto sono capaci anche di vendere il torrone a sottocosto!"


5.L'ottava di Sant'Antonio


Queste tensioni ed animosità sono, comunque, messe da parte e temporaneamente dimenticate una volta all'anno. Per tre giorni, il 19, 20 e 21 giugno, otto giorni dopo la festa di S. Antonio (che è stata, fino a poco tempo fa, la più grande festa del paese) i torronai e gli ambulanti festeggiano la "loro" devozione al santo. L'ottava fu creata proprio dagli ambulanti, i quali non potevano mai partecipare alla festa principale del 13 giugno perché impegnati nelle feste di altri paesi. Desiderando festeggiare S. Antonio, decisero di fare una "loro" festa. Essi ritornano ogni anno senza fallo da qualsiasi posto in cui si trovano per essere "in paese" il giorno 19. In trent'anni da che esiste, questa festa si è sempre più affermata sino a diventare la festa religiosa principale. Significativamente le due principali feste celebrate a Tonara, eccettuate naturalmente Pasqua e Natale, sono "La Sagra del Torrone: la festa di Poppino Mereu" e "L'ottava", ambedue occasioni che puntano sui torronai di Tonara(nota12*) I festeggiamenti dell'Ottava si svolgono a due livelli: la festa "pubblica" che è una occasione di divertimento per tutto il paese e per gli estranei, e una festa "privata" che riguarda principalmente gli ambulanti, le loro famiglie e i loro amici. Per la festa, "pubblica", gli ambulanti organizzano fuochi d'artificio, numerose bancarelle in cui si vendono bevande e cianfrusaglie di ogni genere, esibizioni di balli sardi, gruppi musicali e così via. I soldi per queste manifestazioni sono raccolti nel paese nei giorni precedenti la festa dal comitato dell'Ottava composto da un presidente, un vice-presidente e un gruppo di amici. In breve quest'aspetto della festa è quello tipico in tutta la Sardegna.

L'aspetto "privato" della festa ha, invece, delle caratteristiche abbastanza singolari che meritano menzione. Durante i primi due giorni, il presidente uscente del comitato dell'Ottava organizza una serie di feste "private" alle quali sono invitati tutti gli altri torronai, le loro famiglie, le famiglie dagli ex-torronai e amici. Alcune di queste feste sono apparentemente aperte a tutti. Il banditore le annuncia ed invita pubblicamente tutti i torronai e i "simpatizzanti" a casa del presidente. E' interessante, comunque, il fatto che, a parte i torronai e le famiglie degli ex-torronai che vanno alla festa "per diritto", pochi altri vi partecipano, a meno che non siano stati invitati personalmente. Il nuovo presidente (che l'anno procedente era vice-presidente) prende in carico la bandiera dell'Ottava. La consegna della bandiera avviene l'ultimo giorno della festa nella chiesa di S. Antonio durante una cerimonia religiosa alla presenza dei torronai e delle loro famiglie. Questo momento è caratteristicamente molto commovente (alla festa cui io ho partecipato, tutti i torronai presenti erano in lacrime) ed è considerato il punto focale della festa. Dopo la cerimonia, una colorita ed animata processione prende la via di Su Pranu dove il parroco benedice tutti i furgoni e le macchine (anche numerosi non-torronai portano le loro automobili alla benedizione); non appena la cerimonia termina cominciano i fuochi artificiali: uno spettacolo gradito a tutto il paese.

A conclusione il nuovo presidente "fa l'invito" a casa sua. Nel corso di questa festa si svolge un rito caratteristico dell'Ottava, la pioggia, che è una specie di asta con la quale i danari rimasti dopo il pagamento delle spese per le feste pubbliche, vengono dati in prestito per l'anno successivo al miglior offerente. Questa asta dura un paio d'ore e raggiunge momenti di grande confusione. I partecipanti all'asta sono lusingati e stuzzicati a fare le offerte: ogni "giocatore" offrendo più interesse sulla somma in asta. Nel frattempo si svolge una colletta per aumentare la cifra offerta in prestito. Quando l'asta è terminata ha luogo una colletta finale. Questi soldi non vengono contati in modo che nessuno sappia esattamente l'entità della somma "vinta". Nel 1980 l'asta raggiunse 2.700.000 lire. Il "vincitore" offrì di restituire 3.500.000 lire, con un interesse quindi del 29%. Mi è stato detto che i soldi della "pioggia" sono considerati fortunati e che uno deve "fare lavorare" i soldi vinti subito dopo la festa (cioè investirli al più presto, solitamente nell'edilizia). Questo aspetto della festa che ho voluto chiamare "privato" è sostanzialmente una occasione per "ricucire" tutti i dissapori e le fratture creatisi nel corso dell'anno. Molti ambulanti affermano che l'Ottava gioca un ruolo importante di riconciliazione e che vecchi rancori ed antipatie fra torronai siano stati spazzati via durante la festa. Alla cerimonia si abbracciano tante persone che avevano bisticciato nel corso dell'anno, e questo è ormai considerato un momento importante del processo di pacificazione - quasi un riconoscimento pubblico della riconciliazione avvenuta . (nota13*)


6. Ancora sul folk-model


Ho detto all'inizio di questo articolo che sia a livello emico (la spiegazione tonarese) sia a livello etico (la spiegazione delle comunità vicine) si è inclini a considerare il commercio ambulante come elemento economico-culturale fondamentale della tradizione tonarese, negando il suo passato pastorale ed esagerando il ruolo dei torronai. Indubbiamente, a Tonara oggi il mito che il torrone e i campanacci siano elementi tradizionali del passato ha tanta validità che qualcuno va ancora più in là dichiarando che Tonara ha sempre avuto nel suo passato il commercio itinerante, e appoggiandosi all'autorità di mytical charters riguardanti ebrei genovesi esiliati ed altre comunità forestiere. La ricerca delle prove per giustificare queste ipotesi è un affascinante e-sempio di come la memoria popolare si adatti agli avvenimenti. In un determinato momento storico si è veri-ficata a Tonara la fortuita combinazione di tre elementi che hanno creato le condizioni necessarie per lo sviluppo di una nuova attività:

a) la conoscenza della Sardegna (specialmente del Campidano di Cagliari e di quello di Oristano) attraverso la transumanza ed il commercio (nota14*),
b) l'acquisizione di nuove conoscenze attraverso i contatti con lavoratori del continente, e
c) la predisposizione al rischio e all'insicurezza di una nuova attività, favorita probabilmente dalla scarsità di terreni adatti all'agricoltura o alla pastorizia.

Secondo il folk-model il fallimento della pastorizia è la causa principale del successo del commercio ambulante; come ho cercato di dimostrare, questo è un punto di, vista troppo semplicistico, che tuttavia contiene una verità fondamentale: Tonara ha colto l'opportunità di abbandonare la pastorizia appena comparvero nuove alternative, mentre i paesi vicini a Tonara abbandonarono la pastorizia con più resistenza (Sorgono, Aritzo e Belvi) oppure continuarono a dedicarvisi malgrado le condizioni sfavorevoli (Austis, Desulo).


In un certo senso il "successo" del mito dei torronai si riflette nella scelta simbolica implicita nella iniziativa della passata amministrazione comunale di creare in collegamento con "La Sagra del Torrone: festa di Peppino Mereu" un museo all'aperto in cui erano rappresentate le due professioni caratteristiche di Tonara: il sonaggìargiu (fabbricante di campanacci) e il turronargiu (il torronaio) (nota15*) Il successo di un mito si misura nella capacità di riflessione di esso nel folk-image ed è indubitabile che a Tonara questa interpretazione del passato è molto diffusa. Il successo di questa interpretazione, è probabilmente dovuto al fatto che la maggior parte dei forestieri che arrivano a Tonara si incontrano con queste due "specialità", ambedue legate alla presenza dei torronai e alle loro feste, e al fatto che la maggior parte dei tonaresi riconoscono in essi un mestiere "diverso" che caratterizza la singolarità di Tonara stessa.

 

                                                                                      

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